15 luglio 2009
Sfatare i miti: “il vero non profit”
Anche se non si dovrebbe, succede che alla sera al ristorante, con amici e conoscenti, si parli di lavoro.
E più dico in giro la natura e l’oggetto del mio lavoro (consulenza sulla legislazione non profit), e più sento dire una frase che inizia a innervosirmi: “io faccio parte dell’associazione Braccobaldo, e quella sì che è un vero non profit, mica come gli enti grandi, le fondazioni, dove c’è gente pagata … dove chissà dove vanno a finire i soldi!”
In quel caso, o minimizzo, o sbotto; su Postilla sarà bene tenere la via mediana.
Basta capirsi: il non profit (dal punto di vista legislativo) non esiste; si parla di persone giuridiche nel codice civile; di enti non commerciali nel caotico mondo del tributario, con spizzichi di “enti senza scopo di lucro“; si trovano poi termini che identificano puntualmente particolari enti soggetti a legislazione speciale, si pensi a organizzazioni di volontariato, Onlus, organizzazioni non governative, associazioni di promozione sociale, fondazioni (ex) bancarie, enti ecclesiastici, fondazioni lirico sinfoniche … Di quale non profit mi stai parlando, caro commensale?
Probabilmente ti stai riferendo ad una organizzazione di volontariato che – per dirsi tale, iscriversi ad un registro e ottenere i benefici fiscali – deve sottostare ad una serie di restrizioni operative tra le quali l’assoluta estraneità per i soci/volontari di qualsiasi rapporto di natura economica con l’ente di cui fanno fieramente parte. Ottima cosa; ma tu lo sai, caro commensale, che il volontariato (inteso come ente di -) ha purtroppo il fiato corto? E’ difficile realizzare un’attività complessa come la ricerca scientifica con un ente di volontariato. Sto parlando di realizzazione, non di “promozione“. Molti enti di volontariato sono nati con l’intento di sensibilizzare il pubblico in merito ad una malattia, promuovendo anche la ricerca scientifica. Ma quando bisogna realizzare la ricerca scientifica, riunisco un pò di volontari e quattro provette?
Ciò che non si vuole capire, è che gli strumenti devono essere utilizzati in modo appropriato; il volontariato è prima di tutto un “valore” che va oltre il non profit organizzato. Ritenere di essere gli unici (o quasi) che facciamo disinteressatamente il bene, è una solenne stupidata. Capisco che noi italiani siamo pervasi da un individualismo che non ci fa vedere oltre la punta del nostro naso, ma un pò di fiducia negli altri potremmo investirla. Una sospensione del giudizio, un’ammissione di ignoranza.
Per il fine di questo blog, mi preme riprendere il concetto come non esista un unico non profit. E che anche se il legislatore ne ha fatte di cotte e di crude proprio sul non profit (e qui le racconteremo insieme), ogni tipologia di ente ha una sua ragione. Potevano essere scritte meglio le leggi sul non profit? Sfondate una porta aperta! C’è necessità di semplificare la legislazione degli enti senza scopo di lucro? Ma certo, dal fisco in giù.
Ma non è detto che se partiamo da un’asserzione corretta, alla fine del ragionamento abbiamo di certo ragione. Per ora, teniamoci questa complessità legislative e rispettiamone le ragioni; magari proprio per proporre riforme, correzioni, aggiustamenti.
Scritto il 15-7-2009 alle ore 21:50
Che fine ha fatto il d.m. che doveva stabilire i requisiti statutari degli enti no profit:…è stato insabbiato?
Scritto il 22-7-2009 alle ore 14:06
Leggo solo oggi la sua richiesta.
Pare esista questo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate che sarebbe dovuto uscire ormai 6 mesi fa (fine gennaio, secondo l’art 30 DL 185/08).
Esiste ma non è ancora stato pubblicato. E’ possibile che ne stiano soppesando le ricadute politiche.
Spererei invece che tornassero sui loro passi e iniziassero a ragionare diversamente, non armandosi di bazooka per colpire un’anatra in mezzo allo stormo.
Perché questa sarà la conseguenza.
Carlo Mazzini