2 settembre 2009
Com’è triste il senza dimora (italiano) con l’IVA
Il fisco italiano ci ha abituati alle stranezze, ai paradossi e – con una certa frequenza – alle ingiustizie.
Parliamo di senza dimora, persone senza casa non per un evento calamitoso, ma per una serie di accadimenti di vita (alcuni sociologi li chiamavano microfratture) che sommati assieme portano / buttano sulla strada persone di diversa estrazione, comunque vulnerabili.
Una recente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (238/09) risponde ad un quesito di una cooperativa che intendeva applicare l’esenzione ex art 10, n. 27-ter della legge IVA (DPR 633/72) ai servizi erogati distintamente a senza dimora, migranti, richiedenti asilo, servizi certamente pagati non dai medesimi soggetti ma dagli enti locali.
Tragicamente, l’Agenzia risponde che il tenore letterale del testo porta ad un’interpretazione opposta in merito all’esenzione. Infatti il testo dice che sono esenti
“le prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittima di tratta a scopo sessuale e lavorativo, rese da (…) o da enti aventi finalità di assistenza sociale e da ONLUS”.
Tragicamente MA correttamente: l’Agenzia ha ragione e se dobbiamo prendercela con qualcuno, questo qualcuno è il legislatore. Quando il parlamento ha votato la legge finanziaria del 2007 (L 296/06) ha aggiunto appunto quella frase in grassetto intendendo meritevole di maggior tutela solo coloro che si trovano per strada, perché stranieri, perché richiedenti asilo.
Come se la tutela non dovesse essere estesa anche alle persone senza dimora italiane, le quali – mai e poi mai – scelgono di stare per strada.
Ciò si traduce – soprattutto per quegli enti che utilizzano poco personale non dipendente (quindi con partita IVA) e soprattutto volontari – in un costo maggiore, in quanto gli assessorati ai servizi sociali dispongono di cifre sempre più risicate, all’interno delle quali va computata anche l’IVA.
Senza tetto, nè legge … ma con IVA.